Il quarantesimo progetto della Spira è un ardito esercizio di stile in questo senso. Il repertorio prevede la sinfonia con il più famoso incipit della storia della musica, da eseguirsi in un luogo colpito da un terremoto (e dalla retorica che ne consegue) e ad una cerimonia di inaugurazione con schieramento di orgogliose autorità. Bene: l'esercizio da fare insieme è scrollarci di dosso la presunta eccezionalità di tutto questo. Esserci tutti in prima persona di modo che ciò che accada sia l'intera Quinta di Beethoven (non solo i primi famosi 8 secondi) e che il suo dipanarsi sia inno ad una nuova, virtuosa normalità in cui si costruiscano velocemente scuole e sale da concerto, in cui dopo una disgrazia si riparta -anche- dal teatro cittadino ed in cui si faccia tutto questo semplicemente perché è giusto, e questo ha un valore in sé e per sé. Se siamo qui per questo progetto è perché forse i segnali di questo mondo del giusto ci sono. Una nuova scuola, una sala da concerto, un teatro da ricostruire in un paese ferito e la Quinta: tutto questo ce l'abbiamo. Ora non resta che chiamarla, orgogliosamente e senza rinunciare ad un genuino stupore, "normalità".
La battaglia alla banalità ed al luogo comune è cosa quotidiana. Non c'è forse sfida più grande che mantenersi attivi, critici, attenti, interessati verso il mondo che ci circonda anche quando non ci sia un riflettore puntato sopra. Essere noi "riflettori".